Attualità e Memoria - La riforma incompiuta delle Tlc - Una riflessione di Sergio Rogna

Attualità e Memoria - La riforma incompiuta delle Tlc - Una riflessione di Sergio Rogna

Attualità e Memoria – La riforma incompiuta delle Tlc – Una riflessione di Sergio Rogna

Il futuro di TIM, quel che resta dell'ex-monopolista pubblico delle TLC, e l'irrisolta questione della rete nazionale di telecomunicazioni, sono oggi di nuovo alla ribalta sia per le difficoltà dell'azienda che per la pre-annunciata offerta di acquisto da parte di un fondo americano. L'infelice stato del settore non data da oggi, ma da una riforma incompiuta che impone con urgenza scelte chiare. E' il parere di Sergio Rogna che, alla Camera, nel 1997, in IX Commissione, fu relatore della legge 249/97, nota poi come Legge Maccanico, legge che pose le basi della liberalizzazione del settore e della privatizzazione di Telecom Italia (nella foto Gian Mario Rossignolo, primo amministrare delegato dell'impresa privatizzata). Pubblichiamo questa riflessione che stabilisce un interessante collegamento tra attualità e memoria:

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Reti di telecomunicazione, sicurezza e sviluppo del paese

La recente vicenda, in pieno svolgimento, dell'"offerta amichevole" del fondo KKR per il controllo di TIM porta nuovamente sotto i riflettori una questione tutt’altro che nuova, ma oggi più che mai strategica: chi gestisce la rete di telecomunicazione?

Oltre un secolo fa il problema si presentò per lo sviluppo della rete di connessione della telefonia a lunga distanza ed internazionale con le reti urbane, necessaria, ma impossibile da sviluppare efficacemente dalle varie società telefoniche private a capitale italiano o straniero e ad estensione pluriregionale, e fu risolta dallo Stato con la creazione della ASST (Azienda di Stato per i Servizi Telefonici), nata con Regio decreto del 1923 (il 14/06/1925). La ASST costruì rapidamente con fondi statali una rete interurbana e nazionale posando cavi terrestri e sottomarini per i collegamenti internazionali, oltre ai ponti radio e satellitari successivamente, e ne gestì l'attività, anche con la trasformazione in IRITEL nel 1992, fino al 27/7/1994 quando venne incorporata nella nascente Telecom Italia portando appunto in dote la rete costruita con fondi interamente pubblici.

La legge 31 luglio 1997 n. 249 (legge Maccanico), di cui fui relatore in Commissione IX Trasporti e Telecomunicazioni della Camera, decise in adesione alla normativa europea, la liberalizzazione e la privatizzazione del settore. Ad oltre due decenni di distanza, posso dire che per la telefonia mobile vi fu un indubbio successo: gli italiani ottennero servizi migliori a prezzi più bassi. Quello della telefonia fissa e della connessione telematica è stato, invece, per usare un eufemismo anglo-sassone, un limitato successo. Basta vedere come è piazzata l'Italia nei ranking internazionali di efficienza digitale: sempre in coda. Credo occorra almeno prendere atto che per il nostro paese, come per qualunque altra nazione, questo non è solo un problema di sicurezza o di orgoglio nazionale, ma un condizionamento pesante di tutta l'economia: altro che Alitalia!

La radice dei problemi è proprio nella modalità di privatizzazione, senza adeguata normativa antitrust: tale normativa era contenuta nella seconda parte della l. 249, il ddl 1138 che non fu mai approvato. Il risultato fu la creazione di un ex- monopolista privato sottocapitalizzato, un vero ircocervo.

Ricordo vividamente l'audizione in IX Commissione alla Camera del primo Amministratore Delegato di Telecom Italia privatizzata, l’ing. Gian Mario Rossignolo, che ci spiegava seriamente che una public company poteva essere controllata detenendo l'uno per cento del capitale. Era stata creata una ricca prateria per lucrose scorribande finanziarie, cosa puntualmente avvenuta con protagonisti prima italiani e poi anche stranieri, come ora, per non parlare degli appetiti cinesi.

Può l'Italia permettersi un ulteriore cambio di padrone in TIM, altro che public company!, senza un intervento dello Stato? Il ricorso alla golden share è in questo caso perfettamente giustificato per arrivare subito almeno allo scorporo della rete con la separazione della gestione e dei servizi, come sarebbe previsto nel quadro regolamentare europeo.

Ci sono per questo ottime ragioni, di cui la prima è la evidente necessità di usare i fondi straordinari europei per colmare il gap infrastrutturale della connessione in banda ultra-larga, oltre a tutto necessaria per il 5G mobile. Vogliamo continuare con Tim , Open fiber e qualche altra fibra privata che corrono parallele nelle zone ricche e con le zone bianche o grigie dove la fibra, invece, arriverà solo se la paga lo Stato?

Ritengo che l'infrastruttura di rete unica affidata a Open Fiber (Cassa depositi e prestiti è in Tim  quasi al !0% e si può negoziare), sia la soluzione praticabile e che deve dare a tutti i gestori telefonici le stesse condizioni di accesso come un antitrust serio richiederebbe e la proprietà di TIM, francese o americana, a quel punto, non sarebbe più un problema. Certo questo toglierebbe a TIM la posizione dominante che tanto piace agli speculatori di varia provenienza, ma sarebbe un gran bene per il mercato e per gli italiani. Osservo che l'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni almeno in un caso impone la rete unica: nei cablaggi interni dei condomini, il terminale della rete all'utente FTTH. Occorre certo rassicurare il sindacato, che finora ha avversato lo scorporo della rete, chiarendo che questa soluzione con la necessità urgente di ampliamento infrastrutturale comporta un completo riutilizzo del personale da trasferire con la rete a Open Fiber. Assai più rischioso per l'occupazione è invece lo spezzatino dell'azienda (modello Wall Street) che soltanto massimizzerrebbe gli utili del nuovo padrone.

Insomma, l'unica via praticabile è la cosiddetta soluzione ENEL o Ferrovie dello Stato con la separazione della rete unica dalla gestione del servizio, veramente liberalizzato.

Non ci siamo riusciti nel 1997 con la legge Maccanico promulgata monca, sarà possibile ora?

On. Sergio Rogna Manassero di Costigliole

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