Gerardo Bianco - Il ricordo di Pietro Rende

Gerardo Bianco - Il ricordo di Pietro Rende

Gerardo Bianco – Il ricordo di Pietro Rende

Pubblichiamo l'affettuoso ricordo dedicato a Gerardo Bianco da Pietro Rende,  componente del Consiglio direttivo della nostra Associazione (nella foto un'immagine della fondazione del Partito popolare italiano, nel 1994). 

Ecco il testo del ricordo:

Gerardo Bianco, in memoria

“A Pierino Rende compagno di comuni battaglie, vittorie e sconfitte, sempre in grande sintonia, con affetto, Gerardo”: questa dedica sul dopo copertina del Suo saggio (2011) sull’ultima battaglia della Balena bianca, in conversazione con Nicola Guiso, riflette una fraterna storia politica che solo la morte poteva troncare. Dal 1972, quando ho avuto la immensa fortuna di conoscerLo in un incontro settimanale che la corrente di Base teneva ogni mercoledì nella sede di via del Vicario 35 ho appreso da Lui la coscienza della mia missione rappresentativa e incominciato a capire lo spirito imprescindibile di servizio a una Repubblica parlamentare con l’autonomia dei suoi Regolamenti da altri poteri e dei riflessi dettati dalla Costituzione “più bella del mondo”.

Certe scoperte, come le mie, spesso si fanno solo dopo un’esperienza più matura dell’idealismo principiante e grazie a un Maestro più vissuto della materia.  Prossima la fine della Prima Repubblica, era preoccupato di evitare la perdita della memoria storica di ciò che è stata la Democrazia cristiana pur accettando di favorire il cambiamento ma senza un’atmosfera inquisitoria che scatenava ondate di populismo e antipolitica. A tal fine contro la versione di un Parlamento degli inquisiti valorizzava e sottolineava il gran lavoro svolto dai parlamentari più bersagliati della XI legislatura, senza alcun Amarcord che io invece inventavo e rimproveravo alla Sua instancabile generosità. Rispondeva con la nobiltà e il sentimento degno del Capogruppo che Senatori e deputati poco noti al grande pubblico avevano navigato bene e nella direzione giusta mentre l’attesa di una infinita transizione senza solide dottrine politiche “non sarebbe andata da nessuna parte”!

Come un ultimo Samurai credeva che si potesse ricominciare dal “balenottero” senza” dimenticare la D.C.” e i partiti pena l’avviamento verso la permanente agonia della Seconda Repubblica. Ammetteva che la “governabilità” aveva portato inevitabilmente anche a una decadenza morale nell’esercizio del potere e a contese correntizie interne non edificanti ma lamentava dopo la caduta del Muro di Berlino che gli imprenditori s’illudessero di candidarsi direttamente in Forza Italia e nel residuo Pri per fare meglio i propri interessi. Il colpo mortale al Partito popolare, di cui Bianco fu segretario dopo un esitante Martinazzoli, fu quello dettato, nel 1995, dalla scissione di Buttiglione verso il decadentismo Berlusconiano. Rimase nella Margherita come indipendente dal 2001 al 2006. Idem nel gruppo dell’Ulivo che lasciò quando  stava diventando partito democratico unitario.

Oggi, la scomparsa di Bianco priva anche e soprattutto il Sud di una guida culturale, etica e politica tale da potersi confrontare a testa alta con l’egoismo antiunitario della finanza secessionistica deleteria per gli stessi promotori che svalutano l’apporto molteplice del Mezzogiorno anche alle loro economie. Senza la Sua passione per la storia e la letteratura meridionale, fondatrice di quella nazionale grazie a Francesco De Sanctis, di cui era stimatissimo esperto, personalità storiche come quelle dello stesso Sturzo o dei benemeriti fondatori della Associazione interessi mezzogiorno d’Italia (ANIMI), nata dopo il terremoto di Reggio e Messina del 1908, sarebbero stati dimenticati o sconosciuti ai media.

Caro Gerardo, fino all’ultimo venivi continuamente richiesto per il Tuo raffinato eloquio di pareri e conferenze cui non potevi sottrarTi per un sentimento grato di unità nazionale che Ti colloca fra i più alti ingegni della nostra storia parlamentare. Puoi stare certo, mio Amico e Maestro, che soprattutto grazie a testimonianze come la Tua nessuno ha dimenticato nè dimenticherà la Prima Repubblica: un autentico miracolo politico italiano oggi rimpianto e irrevocabile.

PIETRO RENDE

 

 

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