Gli ex Parlamentari per la dignità e per la giustizia - La relazione del Presidente all'Assemblea dei soci del 2 luglio 2021

Gli ex Parlamentari per la dignità e per la giustizia - La relazione del Presidente all'Assemblea dei soci del 2 luglio 2021

Gli ex Parlamentari per la dignità e per la giustizia – La relazione del Presidente all’Assemblea dei soci del 2 luglio 2021

Si è tenuta il 2 luglio 2021, presso l'auletta dei gruppi della Camera dei Deputati, l'Assemblea dei soci dell'Associazione degli ex Parlamentari, per la prima volta in presenza, dopo un anno e mezzo di sospensione dovuta all'emergenza Covid. Dopo l'approvazione del bilancio consuntivo 2019 e del bilancio preventivo 2021, illustrati dal tesoriere Michele Viscardi, l'Assemblea è stata introdotta dalla relazione del presidente, Antonello Falomi, incentrata sui temi della dignità e della giustizia che gli ex parlamentari chiedono non solo e non tanto per sé stessi, quanto per la funzione che hanno rivestito e per il rispetto che è dovuto al Parlamento. Falomi ha fatto il punto sulla situazione dei ricorsi contro il ricalcolo retroattivo dei vitalizi a Camera e Senato e ha sottolineato le pressioni e le irregolarità che stanno contrassegnando il cammino della giustizia interna da oltre due anni e mezzo. Falomi ha rivolto un appello al Capo dello Stato perchè cessi la campagna di denigrazione degli ex parlamentari e perchè essi possano avere giustizia. La relazione sottolinea altresì l'ininterrotto impegno dell'Associazione per il rafforzamento del Parlamento e, in tal senso, ha avanzato alcune proposte di riforma degli istituti dell'Autodichia e prospettato un'iniziativa per l'introduzione di uno "Statuto del Parlamentare", illustrato poi da una relazione del vicepresidente, Peppino Gargani.

Ed ecco qui di seguito la Relazione del Presidente Falomi:

 

GLI EX PARLAMENTARI PER LA DIGNITA’ E PER LA GIUSTIZIA

Relazione introduttiva di Antonello Falomi

 

Care colleghe e cari colleghi

Oggi a un anno e mezzo di distanza, possiamo finalmente svolgere in presenza la prima delle due Assemblee dei soci   che tradizionalmente teniamo ogni anno.

Ne sono particolarmente contento e per certi versi emozionato.

È tanto tempo che non ci incontriamo di persona!

Mi sono mancati molto, in questo lungo periodo di pandemia, il rapporto diretto con le persone, il nostro ritrovarci insieme per scambiarci opinioni, esperienze, i nostri incontri conviviali dopo le riunioni, le chiacchierate in Transatlantico.

Per queste ragioni rivolgo ai colleghi presenti in quest’aula un affettuoso saluto e un sentito ringraziamento.

Ovviamente non ce ne siamo stati con le mani in mano: abbiamo tenute vive le attività dei nostri organi sociali, grazie agli strumenti di collegamento che oggi ci offrono le nuove tecnologie che, anche in questa occasione, consentono a quanti, per le più svariate e giustificate ragioni, non hanno potuto essere presenti al nostro incontro, di partecipare alla nostra Assemblea.

Ai colleghi collegati con noi in questo momento, rivolgo un particolare ringraziamento per avere comunque voluto assicurare la loro presenza e la loro partecipazione.

 

Un minuto di silenzio in ricordo dei 351 colleghi che ci hanno lasciato

Il piacere di ritrovarci in questa occasione non può, tuttavia, farci dimenticare i tanti che ci hanno lasciato.

Sono 351, tra colleghi e titolari di reversibilità, le persone che ci hanno lasciato.

A loro vogliamo dedicare un minuto di silenzio per ricordarli, per condividere con i loro familiari l’amarezza per la giustizia che è stata loro negata e per ribadire il nostro impegno e la nostra determinazione a continuare la nostra battaglia per la dignità e il la libertà del Parlamento e dell’attività parlamentare.

 

La nostra battaglia contro la campagna di odio e denigrazione

Quando un anno e mezzo fa abbiamo tenuto la nostra Assemblea, il quadro entro cui si sviluppava quella battaglia, era molto diverso da quello attuale.

Eravamo nel pieno di un tentativo politico e mediatico di bloccare l’attività degli organi giudiziari interni che avevano all’esame oltre 2.100 ricorsi contro il ricalcolo retroattivo con metodo contributivo dei vitalizi e degli assegni di reversibilità.

Ricorderete tutti la sceneggiata delle dimissioni della Senatrice Evangelista del M5S per bloccare la decisione imminente della Commissione contenziosa del Senato; la vergognosa campagna mediatica su inesistenti conflitti di interesse per delegittimare il ruolo dei membri esterni di quella Commissione costringendoli alle dimissioni; le minacce di manifestazioni sotto Palazzo Madama; la manifestazione nazionale a Roma del M5S, nonostante la dichiarazione dello Stato di emergenza per il Covid; il profluvio di dichiarazioni politiche per tentare di condizionare l’operato dei giudici; la totale inerzia degli organi di giurisdizione della Camera dei deputati.

Di fronte a questa situazione, in un quadro mediatico e politico ostile e nel migliore dei casi imbarazzato, abbiamo reagito con dichiarazioni, articoli, conferenze stampa, presenze televisive, iniziative istituzionali, rintuzzando punto per punto le falsità, le manipolazioni e gli obbiettivi di quella campagna politico mediatica.

Di tutto questo abbiamo puntualmente dato conto attraverso il nostro sito web, le nostre newsletter e con lettere dirette a ciascun socio.

 

Il punto sui ricorsi: Camera, Senato, Corte Costituzionale e Tribunale europeo

Nonostante i rallentamenti e i ritardi prodotti, la situazione che sta di fronte a noi oggi è molto diversa da quella di un anno e mezzo fa.

Di ciò va dato merito all’azione che tutti insieme abbiamo condotto e va dato merito ai valenti legali che stanno seguendo i ricorsi: gli avvocati Sorrentino, Paniz, Sandulli, Lentini e Besostri che voglio ringraziare per il loro impegno e l’assistenza che hanno assicurato ai ricorrenti.

Come sapete, al Senato è stata pronunciata la sentenza di primo grado che ha riconosciuto le nostre ragioni facendo saltare l’architrave su cui regge l’impianto della delibera e cioè l’applicazione retroattiva di un metodo di calcolo inesistente all’epoca della maturazione e dell’erogazione del vitalizio.

Alla Camera dei deputati, invece, permane ancora l’inerzia del Consiglio di giurisdizione, l’organo di primo grado dell’autodichia, che a più di due anni e mezzo di distanza dal deposito di 1400 ricorsi, ancora non si è pronunciato, limitandosi a una sentenza parziale, riguardante le misure di mitigazione dei tagli nei confronti di persone che si trovino in gravi condizioni di invalidità, di salute o che, a causa dei tagli, hanno visto gravemente compromesse le loro condizioni economiche e quelle dei loro familiari.

Un’altra novità rilevante intervenuta di recente è quella riguardante la sentenza definitiva degli organi di autodichia del Senato che ha annullato la delibera sulla cancellazione dei trattamenti previdenziali di ex-parlamentari condannati in via definitiva per alcune fattispecie di reati.

Anche fuori delle aule dei tribunali interni di Camera e Senato ci sono state novità significative.

Ci sono state sentenze che con luci e ombre hanno ulteriormente precisato il quadro giurisprudenziale dentro il quale si muove la controversia giudiziaria che ci vede, nostro malgrado, protagonisti.

Mi riferisco a due sentenze della Corte costituzionale.

Quella che ha censurato la legge regionale siciliana sui vitalizi che, contrariamente a quanto si è voluto far credere, non ha censurato la temporaneità delle misure previste, ma la potestà della Regione di modificare leggi dello Stato e quella, che ha ridotto da 5 a 3 anni la durata del contributo di solidarietà a carico delle pensioni superiori a 100.000 euro lordi annui, ribadendo il principio che lo Stato non può legiferare riduzioni dei trattamenti previdenziali che non siano temporanee.

In sede europea abbiamo avuto due sentenze di prima istanza che hanno rigettato i ricorsi fatti dagli ex-parlamentari europei contro, la decisione del Parlamento europeo di applicare alla delegazione italiana la delibera della Camera dei deputati sul ricalcolo retroattivo con metodo contributivo dei vitalizi.

Il rigetto dei ricorsi è stato motivato dall’incompetenza del tribunale europeo a emettere giudizi sulla legittimità di atti che, secondo i giudici europei, spettano esclusivamente alle autorità nazionali.

Contro questa decisione gli ex-parlamentari europei hanno presentato ricorso all’istanza giudiziaria superiore. Vedremo come si concluderà la vicenda.

Quello che possiamo dire è che i grillini, da Di Maio a Fico, invece di cantare vittoria per una sentenza che rimanda la palla alle Autorità italiane, dovrebbero preoccuparsi per le affermazioni, contenute nelle considerazioni delle due sentenze che mettono in pericolo non tanto i nostri vitalizi quanto le pensioni di tutti i cittadini italiani, come abbiamo sottolineato nella lettera inviata alle organizzazioni sindacali confederali e di categoria.

A che punto siamo, oggi, con i ricorsi?

Al Senato, come sapete, la sentenza di primo grado della Commissione contenziosa, è stata impugnata, su input del Consiglio di Presidenza, dalla Segretaria Generale del Senato, Dott.ssa Serafin.

Non ripeto, in questa sede, il giudizio che abbiamo dato su quell’impugnativa, e sulla connessa decisione del Consiglio di garanzia di sospendere, in attesa della conclusione del giudizio, gli effetti della sentenza di primo grado.

Di questo giudizio ne potete trovare traccia nei documenti dell’Associazione pubblicati sul nostro sito web.

Il dibattimento tra le parti è terminato ormai da tre mesi ma la sentenza non è ancora intervenuta, nonostante le nostre continue sollecitazioni.

 

Il “Caso Formigoni”: gli effetti, le critiche a Salvini, l’attesa per la sentenza di appello

Non conosciamo le ragioni del ritardo anche se possiamo immaginarle.

Certamente ha pesato la priorità data al caso Formigoni e ai riflessi politici e istituzionali che essa ha provocato.

La sentenza definitiva che ha cancellato la cancellazione dei trattamenti previdenziali per i condannati in via definitiva per alcune fattispecie di reato, ha provocato, come sapete, aspre reazioni politiche e perfino un dibattito e l’approvazione di ordini del giorno da parte dell’aula del Senato.

Per l’Associazione degli ex-parlamentari la sentenza del consiglio di Garanzia che ha revocato la revoca del vitalizio al Sen. Formigoni, è ineccepibile.

Se, come hanno ripetutamente affermato le Supreme magistrature della Repubblica, il vitalizio, oltre che a finalità di garanzia della libertà e dell’indipendenza dei parlamentari, assolve anche a una funzione previdenziale, è del tutto evidente che anche ad esso debbano applicarsi le regole che valgono per i pensionati.

Ovvero, che la pensione si può togliere, come prede la legislazione vigente, soltanto per gravi reati di mafia e di terrorismo o per chi si sia sottratto alla pena con l’evasione o la latitanza.

Nella polemica politica che si è sviluppata, soprattutto da parte di esponenti del M5S, Matteo Salvini, a causa del voto favorevole dato dai giudici espressi dalla Lega Nord, è stato accusato di aver voluto fare un favore personale a un esponente politico con il quale, soprattutto in Regione Lombardia, vi è stata una intensa collaborazione politica.

Si tratta, a nostro parere, di una polemica che tradisce il pensiero di chi la fa.

Il pensiero di un rapporto malato tra politica-giustizia, una visione che pensa agli organi di giustizia interna delle Camere non come a veri e propri organi giurisdizionali, tenuti al rispetto dei principi di terzietà, imparzialità e indipendenza, ma come a organi politici che scelgono sulla base delle convenienze politiche e non sulla base del diritto.

Per questo auspichiamo che in coerenza con i presupposti giuridici che hanno portato alla sentenza riguardante il Sen. Formigoni, anche ai ricorsi presentati dagli ex- senatori saranno applicate le stesse regole e gli stessi principi riservati dalla giurisprudenza costituzionale alla riduzione dei trattamenti previdenziali: temporaneità, ragionevolezza, proporzionalità e legittimo affidamento.

Si tratterebbe di una scelta giuridicamente coerente e che, in termini politici, sarebbe la risposta che sconfesserebbe le accuse che sono state rivolte alla Lega di Matteo Salvini.

Chiediamo, in sostanza, a tutti i giudici del Consiglio di Garanzia di spogliarsi delle loro appartenenze politiche e di indossare con coerenza la veste di giudici terzi, imparziali e indipendenti.

Il nostro auspicio e il nostro obbiettivo è che al Senato si possa, entro il mese di luglio, mettere finalmente la parola fine ad una vicenda che si trascina ormai da troppo tempo.

Una rapida decisione conclusiva degli organi di autodichia del Senato farebbe, inoltre, cadere ogni alibi da parte del Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati che, a tutt’oggi, non si è ancora pronunciato, nemmeno in primo grado.

 

Alla Camera, solo “mitigazione” e accanimento

Dall’ ultima Assemblea che abbiamo tenuto, l’unica novità prodotta dal Consiglio di giurisdizione è la sentenza n.2 dell’aprile 2020 con la quale è stata cancellata la norma originaria della delibera Fico- Boeri sulla cosiddetta mitigazione del taglio, ritenuta dai giudici di primo grado talmente restrittiva da renderla, di fatto, applicabile soltanto a pochissimi casi.

Nei confronti di questa sentenza parziale, l’Associazione ha espresso un giudizio molto critico per l’ingiustificato e ingiustificabile rinvio della decisione generale sulle censure principali di costituzionalità sollevate dai ricorrenti e per il tentativo implicito di ridurre a una questione assistenziale un problema che, invece, è un problema di diritto e di diritti.

Sul nostro sito potete leggere più nel dettaglio il nostro giudizio.

Nonostante i limiti e le responsabilità evidenti dei giudici di primo grado, il Presidente della Camera, Roberto Fico, che ai sensi dell’Articolo 8 del Regolamento della Camera dei deputati avrebbe il compito di assicurare il rispetto dei regolamenti e il buon andamento dell’Amministrazione, assiste impassibile, se non complice, a comportamenti che dovrebbe censurare e a violazioni delle regole che dovrebbe far rispettare.

Ripetutamente lo abbiamo sollecitato a intervenire ma non siamo stati mai degnati di una risposta.

Il Presidente della Camera dei deputati ha lasciato correre, senza battere ciglio, dichiarazioni pubbliche di autorevolissimi esponenti parlamentari che tentavano apertamente di condizionare l’operato dei componenti degli organi di autodichia in contrasto esplicito con i principi di terzietà, imparzialità e indipendenza al cui rispetto essi sono tenuti.

Altrettanta inerzia vi è stata, da parte del Presidente della Camera, nell’assicurare il rispetto del Regolamento di tutela giurisdizionale di fronte ad un Consiglio di giurisdizione chiaramente inadempiente.

A due anni e mezzo dal deposito di circa 1.400 ricorsi contro il ricalcolo retroattivo con metodo contributivo dei vitalizi e degli assegni di reversibilità, il Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati, a differenza della Commissione contenziosa del Senato, non ha ancora pronunciato la sentenza di primo grado nonostante il termine regolamentare di 20 giorni dalla conclusione delle udienze di trattazione dei ricorsi sia stato superato di oltre 15 mesi.

A fronte di evidenti e inaccettabili violazioni regolamentari, l’unica risposta che abbiamo ricevuto dal Presidente della Camera è stata quella di un ulteriore accanimento nei confronti della parte più fragile degli ex-parlamentari.

Costretto da una sentenza parziale che ha ritenuto illegittime le norme sulla mitigazione del taglio

dei vitalizi per quanti si fossero trovati, in gravi condizioni di salute e di insufficienza di reddito, l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati e il suo Presidente hanno impiegato ben sette mesi per approvare una delibera di attuazione della suddetta sentenza, stravolgendola al punto da costringere il Consiglio di giurisdizione   ad annullarla il 15 aprile scorso.

La distorta applicazione della sentenza negava, infatti, la restituzione degli arretrati alla data del 1° gennaio 2019 e applicava la mitigazione non a partire dai vitalizi originari ma da quelli ricalcolati.

Anziché attuare correttamente e tempestivamente le disposizioni impartite dal giudice di primo grado, il Presidente della Camera ha scelto, invece, la strada di presentare appello, con l’obbiettivo evidente di contenere al massimo la portata delle misure di mitigazione dei tagli e di perdere ulteriore tempo.

 

Appello al Presidente della Repubblica contro la giustizia negata

Il Presidente della Camera ha, motivato la sua richiesta di sospensiva sostenendo che per queste persone non vi sarebbe alcun pericolo di danno grave e irreparabile.

Una tesi crudele e vendicativa , prontamente accolta dalla sospensiva concessa con una velocità scandalosa dal giudice di secondo grado, che ignora le condizioni drammatiche di vita a cui, da più di due anni e mezzo, sono costretti molti ex-parlamentari e che non tiene in alcun conto che nel frattempo, di rinvio in rinvio, sono decedute oltre 190 persone a cui è stato di fatto negato il diritto costituzionale alla giustizia non perché abbiano commesso reati ma per aver dedicato una parte della loro vita al servizio delle istituzioni democratiche.

C’è un partito dell’odio e dell’accanimento che sta distruggendo, assieme alla vita delle persone, tutte le garanzie poste dalla Costituzione a tutela dell’autonomia e della libertà della funzione parlamentare e del Parlamento e che pretende di trasformare la giurisdizione domestica in una zona franca controllata dalle scelte della politica anziché dalla logica del diritto, della Costituzione e dello stato di diritto, minando il valore e il significato dell’autodichia.

Di fronte al fatto che il garante del rispetto dei regolamenti, mostra di venir meno alla funzione che la Costituzione e i regolamenti gli assegnano, noi non possiamo non rivolgerci con un appello al Presidente della Repubblica.

Ovviamente non è nostra intenzione coinvolgere il Presidente Mattarella nella controversia giudiziaria che ci riguarda.

L’Associazione degli ex-parlamentari della Repubblica, chiede soltanto, nei limiti che la Costituzione assegna alle funzioni del Presidente nell’ambito dei poteri dello Stato, un intervento di fronte a comportamenti che minano la legittimità dell’autodichia ledendo gravemente Regolamenti parlamentari posti a tutela del buon andamento della attività delle Camera dei deputati e a tutela del diritto alla giustizia.

 

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Contro la discriminazione, rispetto dei principi costituzionali

È questo, a mio parere, il quadro entro cui dovremo sviluppare la nostra azione politico-culturale, la nostra iniziativa giudiziaria e quanto sarà necessario per portare a conclusione positiva la controversia che ci ha costretto a opporci come singoli e come Associazione alle Presidenze di Camera e Senato.

Un’azione che dovrà necessariamente tenere conto dei movimenti in atto nel sistema politico italiano, a partire dal terremoto che sta investendo il M5S e delle ferite lasciate aperte dalle conseguenze sociali, economiche della pandemia.

Ferite che saranno utilizzate, come è già avvenuto, dagli irriducibili sostenitori della lotta a presunti privilegi parlamentari che altro non sono che garanzie costituzionali a tutela della autonomia e della indipendenza della funzione parlamentare.

Ce le ricordiamo tutti le strumentali dichiarazioni di un anno fa, a destra e a sinistra, di autorevolissimi esponenti politici che definivano la sentenza della Commissione contenziosa del Senato come uno schiaffo in faccia agli italiani in difficoltà, come se fossimo noi i responsabili di quelle difficoltà e non la fragilità di una situazione preesistente, scarsamente contrastata, e che la pandemia ha soltanto fatto esplodere.

Di fronte a chi, oggi, alla vigilia, si spera, di decisioni degli organi giudiziari interni delle Camere, continua ad agitare strumentali contrapposizioni tra la nostra sacrosanta battaglia e la situazione difficile del Paese, noi ribadiamo quello che fin dall’inizio di questa vicenda abbiamo ripetutamente e in tutte le sedi sostenuto.

Noi non ci vogliamo sottrarre al dovere della solidarietà e dei sacrifici di chi sta meglio nei confronti di chi sta peggio. Siamo pronti, come lo siamo stati più volte in passato, a fare la nostra parte.

Chiediamo soltanto che cessino gli insulti e le offese nei nostri confronti, che la si smetta di fare degli ex-parlamentari il capro espiatorio da additare ai sentimenti di odio e di vendetta dell’opinione pubblica.

Chiediamo, da ultimo e non per ultimo, che la riduzione dei trattamenti di previdenza avvenga secondo le regole che valgono per tutti i cittadini italiani, nel rispetto dei principi costituzionali di temporaneità, di ragionevolezza e di proporzionalità e nel rispetto del legittimo affidamento che ciascuno di noi ha fatto nei confronti dello Stato di diritto.

 

Le nostre iniziative per la riforma  dell’autodichia e per uno  “Statuto del Parlamentare”

Per questo noi continuiamo a chiedere ai giudici dell’autodichia che stanno esaminando i nostri ricorsi di essere, fino in fondo e senza riserve, giudici terzi, imparziali e indipendenti, sottraendosi a condizionamenti e pressioni che minacciano gli sviluppi delle loro carriere politiche.

In ballo non ci sono soltanto i nostri trattamenti previdenziali e i nostri ricorsi. In ballo c’è qualcosa di più, c’è l’autonomia e la libertà del Parlamento.

Se gli organi di autodichia, istituiti per evitare nelle controversie riguardanti l’attività dl Parlamento interferenze di altri poteri dello Stato, si trasformano in “tribunali speciali” per consumare vendette politiche o strumenti di propaganda, a farne le spese non saranno solo gli ex-parlamentari.

La vera vittima sarà la legittimità degli istituti attraverso i quali si manifesta e si concretizza l’autonomia del Parlamento, a cominciare da quello dell’autodichia.

Non è la prima volta che l’abuso politico di istituti parlamentari ne provoca il loro svuotamento: pensiamo, ad esempio alle trasformazioni subite nel corso degli anni dall’istituto dell’immunità parlamentare.

Se i giudici dell’autodichia non tengono la schiena dritta e cedono alle pressioni di chi li vorrebbe giudici di parte, la prossima vittima, lungo la strada della perdita di autonomia del Parlamento, ci sarà l’autodichia stessa.

L’uso politico dell’autodichia indebolisce il Parlamento.

Noi vogliamo fermare questa deriva.

La nostra Associazione, che non è una associazione sindacale, è nata per questo, per rafforzare e valorizzare la funzione del Parlamento.

E se il Parlamento è debole, anche la sovranità popolare di cui esso è la più alta espressione, è debole.

Per questo, in questa fase, oltre alle iniziative collegate alla controversia giudiziaria, la nostra attenzione si sta concentrando da tempo, come ci eravamo impegnati a fare, su due temi generali strettamente connessi alla battaglia in difesa dell’autonomia e della libertà del Parlamento: il tema della autodichia e della sua riforma e il tema, su cui fra poco vi intratterrà il nostro Vice-presidente vicario, Peppino Gargani, dello Statuto del parlamentare italiano.

Si tratta di temi su cui abbiamo già avuto una prima discussione nel Consiglio direttivo e che vogliamo concludere con la definizione di vere e proprie proposte.

Penso, inoltre, che a questi due temi, se le nostre forze e gli impegni più urgenti ce lo consentiranno, dovremo aggiungere un tema altrettanto rilevante che è quello dei partiti e della attuazione dell’articolo 49 della Costituzione.

 

Riformare l’autodichia per rafforzare il Parlamento, garantire la terzietà dei giudici

In materia di riforma dell’autodichia mi limito a riproporre in questa sede le considerazioni e le proposte maturate prima nel Consiglio direttivo e poi nel Seminario che abbiamo tenuto il 30 marzo scorso alla presenza di costituzionalisti come Mirabelli, Cassese, Villone e Sorrentino, di giuristi e di giornalisti.

Di quel seminario ne potete vedere gli atti completi audio-video, pubblicati sul nostro sito.

Comune è stata la preoccupazione sui pericoli oggettivi e soggettivi che corre oggi l’istituto parlamentare dell’autodichia, così come ampio è stato il consenso sulla necessità della sua riforma.

Tutti hanno riconosciuto che l’assetto attuale dell’istituto dell’autodichia non garantisce, al di là dei comportamenti soggettivi, il rispetto del rispetto dei principi di indipendenza, terzietà e imparzialità dei giudici che sono i pilastri fondamentali su cui deve poggiare la tutela giurisdizionale dei diritti dei cittadini.

I comportamenti soggettivi li abbiamo sperimentati direttamente sulla nostra pelle: le indebite pressioni della politica per condizionare l’attività degli organi giudiziari interni delle Camere; la violazione sistematica dei termini e delle scadenze stabilite dai regolamenti; l’azione ostruzionistica rivendicata da giudici del M5S; le dimissioni strumentali chieste o praticate con l’intento di rallentare o impedire decisioni.

Indebite pressioni della politica, consentite dalla violazione sistematica dell’obbligo di segretezza delle decisioni dei giudici riuniti in Camera di Consiglio, prevista dalle norme regolamentari mutuate dall’articolo 276 del Codice di procedura civile.

Segretezza posta a tutela della autonomia dei giudici.

Si tratta di una violazione, a mio parere, penalmente rilevante mai rilevata né sanzionata dai Presidenti delle Camere che dovrebbero vigilare sul rispetto delle norme e dei Regolamenti.

Al di là dei limiti soggettivi, la riflessione di tutti si è concentrata, però, sui limiti oggettivi che possono contraddire i principi costituzionali della tutela giurisdizionale.

Da questo punto di vista è stato messo a fuoco il tema della composizione degli organi che amministrano la giustizia interna delle Camere.

Tutta la giurisprudenza delle supreme magistrature sostiene che l’attuale assetto normativo dell’autodichia assicura il rispetto dei principi di terzietà, imparzialità e indipendenza che debbono regolare l’attività giurisdizionale.

Noi ci permettiamo di dubitarne!

La garanzia del corretto comportamento di giudici non può risiedere soltanto, come sostenuto dalla giurisprudenza costituzionale, nel regime delle incompatibilità e nella competenza professionale dei parlamentari chiamati a giudicare.

Sulla incompatibilità è sicuramente importante che la norma che assegnava agli uffici di Presidenza delle Camere il compito di giudicare le delibere da essi adottate, sia stata censurata e cancellata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e abbia contribuito a definire un regime di incompatibilità per i componenti degli organi di tutela giurisdizionale.

Così come è importante che i giudici dell’autodichia abbiano le competenze giuridiche necessarie a svolgere il loro lavoro.

Ma si tratta, tuttavia di condizioni e di requisiti necessari ma non del tutto sufficienti a garantire processi rispettosi dei valori dei principi costituzionali.

Un giudice scelto tra i parlamentari in carica su indicazione del gruppo parlamentare come può garantire la sua “terzietà” se è contemporaneamente parte in causa in quanto appartenente a uno schieramento politico che ha deciso o avversato la deliberazione oggetto del contendere?

Non siamo di fronte a un evidente conflitto di interesse?

Che garanzia di imparzialità e di indipendenza può dare un giudice la cui carriera politica e parlamentare può essere stroncata o agevolata in base alla distanza esistente tra la sentenza pronunciata e le direttive del suo partito?

È legittimo designare a far parte di organi giudiziari interni delle Camere parlamentari in carica che fanno parte di raggruppamenti politici che si battono e propongono la cancellazione dell’articolo della Costituzione sul divieto di vincolo di mandato o che, addirittura, hanno iscritto, come accade per il M5S, negli statuti dei gruppi parlamentari norme che aboliscono di fatto la libertà di mandato che la Costituzione sancita dall’art. 67 della Carta?

 

Per una revisione della composizione degli organi di autodichia

Le risposte a queste domande offerte dai costituzionalisti sono state utilissime per mettere a fuoco una serie di proposte di riforma dell’autodichia: proposte relative alla composizione degli organi giudiziari e alla loro natura; all’ambito delle controversie di competenza dei giudici interni; alla durata della loro carica, alle sanzioni in caso di violazione dei regolamenti.

Sulla composizione degli organi giudiziari interni, due sono le proposte emerse dal confronto: quella di giudici tutti esterni, scelti dal   Parlamento tra persone legate alle Supreme magistrature, sul modello della autodichia della Presidenza della Repubblica e quella, invece, che mantiene la presenza di parlamentari in carica accanto a una maggioranza di “esterni” con i titoli giuridici necessari, scelti dalle Camere con le stesse modalità previste per i giudici costituzionali.

Quanto alla durata in carica dei giudici, è emersa la proposta di prevedere una durata che vada oltre il periodo di una legislatura in modo da garantire una rotazione degli incarichi e un rinnovo graduale della composizione degli organi di autodichia.

Circa gli ambiti entro cui l’autodichia si deve muovere è emersa la proposta di circoscrivere questi ambiti ai rapporti che hanno una connotazione di integrale internità rispetto al Parlamento, rispetto a rapporti che, invece, hanno ad oggetto il diritto di terzi e non toccano l’essenza della politica che deve essere garantita alla indipendenza di ciascun ramo del Parlamento.

Quanto alla organizzazione complessiva della attività giudiziaria interna, molto interessante mi è parsa la proposta di un organo bicamerale di autodichia che garantisca decisioni di appello valide per Camera e Senato e che svolga, in qualche modo, funzioni assimilabili a quelle svolte dalla Corte di Cassazione.

Una proposta che si colloca, invece, su un piano diverso, lungo una linea di superamento dell’autodichia, è quella che punta al mutamento della natura degli organi di giustizia interna, trasformandoli da organi giudiziari a organi amministrativi che, a conclusione del contenzioso interno possano prevedere il ricorso al giudice ordinario.

Come sapete, alla base della nostra battaglia contro il taglio dei vitalizi, abbiamo sempre posto la difesa e l’autonomia della funzione parlamentare come garanzia dell’autonomia e della libertà del Parlamento.

Per questo, credo che, nonostante l’uso distorto a cui è sottoposto l’istituto dell’autodichia, noi dobbiamo continuare a difendere l’autonomia del Parlamento nel regolare le proprie controversie interne.

Da questo punto di vista la proposta che a me pare più convincente tra quelle emerse dal confronto con i costituzionalisti, sia quella che preveda una composizione mista interni-esterni degli organi di autodichia, una presenza maggioritaria di esterni, un ambito di competenza connotato da integrale internità all’attività del Parlamento, il rinnovo graduato nel tempo delle cariche e un organismo bicamerale e sanzioni chiare di fronte a violazioni dei tempi e delle scadenze.

La discussione di oggi è anche l’occasione per verificare il consenso attorno a questi indirizzi di riforma in modo da tradurli in modifiche degli attuali Regolamenti di tutela giurisdizionale da presentare in autunno al confronto con i Presidenti delle Camere e con le forze politiche, assieme alla proposta di Statuto del parlamentare che vi illustrerà adesso Peppino Gargani a cui cedo volentieri la parola.

 

Relazione introduttiva Assemblea soci del 2 luglio 2021

 

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