RELAZIONE DEL PRESIDENTE GARGANI
ASSEMBLEA GENERALE 18.12.2024
La mia relazione sarà breve perché ritengo possa essere considerata un contributo che si collega alle relazioni fatte ai direttivi tenuti nel corso dell’anno e all’assemblea di giugno.
Voteremo il bilancio preventivo che evidenzia il programma che vogliamo portare avanti nel prossimo anno che mi auguro possa ancor più caratterizzare l’impegno e il ruolo dell’Associazione, e mi auguro possa risolvere definitivamente i problemi di tanti colleghi ancora con il taglio del vitalizio perché quel problema è il problema dell’Associazione sul quale stiamo svolgendo una intensa attività.
Per l’ennesima volta dico, ma lo diciamo fino alla fine, che il problema del vitalizio non è una rivendicazione sindacale e per certi versi non è neanche un problema economico anche se per tanti è vitale, ma è un problema istituzionale e anche costituzionale che attiene alla sfera di autonomia e indipendenza di chi ha avuto il privilegio della rappresentanza che è la cosa più delicata e importante che ad un essere umano possa capitare in una democrazia.
Nella cartella che vi è stata consegnata sono riportate le notizie e i documenti delle nostre iniziative che ho voluto fossero da voi ricordate alla fine dell’anno ma che vi abbiamo sempre mandato puntualmente e prontamente.
Dopo la sentenza di primo grado negativa del 24 luglio u.s. del Consiglio di giurisdizione abbiamo svolto tanta attività, abbiamo avuto incontri con tanti dirigenti della Camera dei Deputati, abbiamo espresso all’esterno le nostre posizioni giuridiche e istituzionali da tanti ritenute giuste e sacrosante con una importante conferenza stampa, ma naturalmente abbiamo dato incarico agli avvocati di preparare il ricorso per il secondo grado di giudizio e l’udienza sarà fissata per il prossimo mese di marzo.
Fino a quella data siamo in contatto con l’Ufficio di Presidenza per ottenere una decisione che confermi la sentenza parziale e provvisoria di primo grado del 2022 risolvendo il quesito fondamentale a base dei nostri ricorsi della incostituzionalità della delibera del 2018, non potendo né una legge né alcun provvedimento valere per il passato. La “legittima aspettativa”, principio fondamentale e universale per i paesi democratici, è stata sempre rispettata in Italia e ribadita più volte nelle sentenze della Corte Costituzionale, eccetto che per gli ex deputati!
Il 6 novembre vi è stata la prima udienza limitata alla conferma cautelare della sospensione di una parte della sentenza riferita alle mitigazioni richieste eventualmente dai colleghi, decisa con atto monocratico dal Presidente Fontana.
Non ho difficoltà a dire che l’attività svolta per tutto l’anno in corso ha riguardato temi istituzionali di cui dirò qualcosa ma hanno avuto come strategia strumentale, il potenziamento del nostro ruolo per un rapporto corretto col Parlamento e con i parlamentari che nella precedente legislatura non si era riuscito ad ottenere. Un rapporto di collaborazione come è col Parlamento europeo e come è in tutti gli altri Parlamenti.
E allora debbo dire che dopo aver preparato un parere pro-veritate, Sabino Cassese ha accettato di fare una relazione alla Camera il 26 novembre nella Sala della Regina alla quale hanno preso parte i Vice Presidenti Giorgio Mulè e Anna Ascani.
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Abbiamo pubblicato gli atti ma voglio sottolineare quello che ho detto io all’inizio e quello che hanno detto i tre relatori:
Abbiamo voluto che il tema del convegno riguardasse il parlamentare e l’ex parlamentare anche se la parola ex in Italia è considerata male! Vogliamo puntualizzare una cosa: l’Associazione come tale vuole essere e continuare ad essere protagonista perché la storia non si può dimenticare e perché, come è stato detto molto bene dai due vice presidenti, questa nostra esperienza non può essere surclassata, ma rispettata.
Per avere una armonia tra l’attuale Parlamento e quelli che hanno solo una “rappresentanza attiva ma non diretta” noi sosteniamo che è necessario approvare lo Statuto dei deputati che deve stabilire le prerogative del Parlamentare e di chi non è più parlamentare: deve dire chi è il parlamentare, quali sono i suoi diritti ed i suoi doveri.
Io da Presidente della Commissione giuridica del Parlamento europeo ho dato un contributo all’approvazione dello Statuto del deputato europeo nel 2005 stabilendo, quali sono le sue immunità, trasformandolo da delegato nazionale a rappresentante dei popoli europei nel loro insieme.
In sostanza lo Statuto è stato un pilastro fondamentale per il processo di integrazione europea fatto per regolare ed esaltare il ruolo e la funzione del deputato nella Comunità Europea.
E per esaltare il ruolo e la funzione del deputato nazionale e del parlamentare senza “rappresentanza diretta”, l’Associazione ha già elaborato questo Statuto che vorremmo fosse preso in considerazione dall’Ufficio di Presidenza.
La nostra Associazione infatti non è una Associazione sindacale, questo lo abbiamo ribadito tante volte, perché è un'Associazione "Politica” che raccoglie le esperienze istituzionali degli ex parlamentari e le utilizza per iniziative importanti. Le Associazioni nei paesi europei e in Europa, hanno un rapporto organico, un rapporto molto buono con i Parlamenti e con i parlamentari: sono le esperienze vecchie che si riversano nelle esperienze nuove che maturano i nuovi deputati.
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Giorgio Mulè ha detto: E gli ex parlamentari, ribadisco qui ciò che ho già detto in passato, sono una risorsa, non sono dei reduci e come tali vanno rispettati alla maniera dei saggi per quello che hanno rappresentato nella edificazione della nostra storia parlamentare. È nell’esaltazione e nello spirito più nobile del principio di autonomia parlamentare e della sua più speciale espressione qual è l’autodichia che deve trovare fondamento il rispetto di chi ha abitato questi luoghi e ne è stato protagonista, rifuggendo da ogni tentazione populista.
Partendo dall’assunto che i regolamenti parlamentari sono espressione delle prerogative di indipendenza e di autonomia delle Camere, come ci ricordano gli articoli 64 e 72 della Costituzione, e dunque consentirne la dichiarazione di illegittimità costituzionale equivarrebbe ad intaccare o limitare proprio quelle prerogative che ne fondano l’esistenza.
Va da sé che l’istituto dell’autodichia, di cui deve essere massimamente assicurato il carattere terzo e giurisdizionale proprio a difesa del suo essere espressione di autonomia, non può evidentemente che essere in parte influenzato soprattutto sui temi più sensibilmente espressione di una precisa opzione politica del mutare delle maggioranze essendo sintesi nella composizione dei suoi organi di parlamentari che sono portatori di una radice culturale che muta nel tempo.
La maturità risiederebbe in una totale terzietà o almeno in una assoluta neutralità ideologica, politica che, per quanto auspicabile, diciamolo con franchezza, è difficilmente raggiungibile quando i nostri giudici sono chiamati ad esprimersi su temi o istituti così politicamente connotati. Ciò che, d’altronde, a volte non accade neanche nelle aule giudiziarie, mi riferisco alla terzietà o neutralità ideologica, non deve sorprendere che possa accadere tra queste mura.
E allora spetta alla politica adoperarsi affinché vi sia un confronto libero dal pregiudizio, fondato sul confronto con la volontà, se del caso, di rivedere ciò che è stato deciso in passato.
Non penso sia necessario invocare il martirio della pazienza per giungere al risultato, lo diceva il cardinale Casaroli, più probabilmente basterà il buon senso. Devo dire che qui dentro ce ne è in abbondanza.
E allora grazie a tutti per il servizio che avete reso al Paese, per ciò che oggi rappresentate in quella continuità di valori che è architrave del nostro essere oggi una comunità.
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Anna Ascani ha detto: E ben ritrovati qui alla Camera dei Deputati: è un piacere per me accogliervi, insieme al Presidente Mulè, nella Sala della Regina per discutere e confrontarci sul nostro lavoro di parlamentari, sul valore che ha rispetto ai cittadini che rappresentiamo, sull’aspetto delle prerogative che ci consentono e ci hanno consentito di esercitarlo.
Ringrazio il Presidente Mulè di cui sottoscrivo l’intervento appassionato e molto nel merito delle questioni. Ho apprezzato quello che ha detto e lo condivido, non è la prima volta che mi capita nonostante le differenze di partito, spesso ci troviamo d’accordo sui “fondamentali” e questo mi pare un buon segnale per il nostro Parlamento, al di là del lavoro che ciascuno di noi fa.
La funzione fondamentale della rappresentanza politica, in ogni caso, rimane sostanzialmente quella di ricondurre le decisioni parlamentari ai cittadini, nei confronti dei quali quelle stesse decisioni dovranno applicarsi, attraverso meccanismi di dibattito pubblico e di responsabilità istituzionale che il corpo politico assume di fronte al corpo sociale. La consultazione elettorale è il “momento cardine” in cui questa responsabilità viene fatta valere.
Si parla da lungo tempo di crisi della democrazia rappresentativa, della sua transizione verso un modello “post-partitico”, nel quale l’elettorato si confonde sostanzialmente con l’opinione pubblica. Come se esso non avesse una funzione pro-attiva, ma solo il compito di fare da spettatore in un dibattito pubblico “orientato”. Un modello nel quale la frammentazione sociale trova spesso un momento di ricomposizione solo nel personalismo e nel leaderismo e in cui la volontà dei cittadini sembra caratterizzata da estrema volatilità e, quindi, difficile da rappresentare.
In sostanza, credo che il ruolo del Parlamento sia oggi ancora più necessario: si tratta di far sì che questo ruolo assicuri trasparenza e fiducia verso le istituzioni. Soprattutto quando si assiste a una transizione – che possiamo testare ogni giorno in più ambiti della nostra quotidianità – verso uno sviluppo in senso digitale della società e all’affacciarsi con sempre maggiore pervasività dei dispositivi di intelligenza artificiale, il cui impatto è già presente nelle vite di ciascuno di noi.
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Cassese ha detto: In conclusione, la deliberazione dell’Ufficio di presidenza della Camera dei Deputati 4/18 non rispetta i principi ribaditi dalla Corte costituzionale, perché l’Ufficio di presidenza ha sia fondato la sua decisione solo sui motivi finanziari di riduzione della spesa, sia violato i diritti quesiti dei deputati cessati dal mandato e l’eguaglianza tra deputati e senatori, mentre avrebbe dovuto valutare tali profili di illegittimità, tanto più in quanto la sua decisione muove proprio dall’affermazione che ha dovuto compiere una valutazione di legittimità costituzionale, che avrebbe richiesto almeno un esame della più recente giurisprudenza del giudice “ad hoc”, la Corte costituzionale.
In secondo luogo, essendo deputati e senatori membri di organi posti allo stesso livello, disciplinati in forma eguale, dotati degli stessi poteri, per certi versi persino articolazioni interne di un unico organo (il Parlamento in seduta comune), il trattamento degli ex titolari dei due rami del Parlamento non può essere difforme, perché violerebbe il principio costituzionale per cui persone e situazioni eguali non possono essere regolati in modo diseguale.
In terzo luogo, la salvaguardia dei diritti acquisiti durante l'esercizio della funzione parlamentare si proietta anche oltre il periodo di tale esercizio, così come l'insindacabilità ex articolo 68.1 della Costituzione ha quella che è stata definita una “valenza perpetua”, va oltre la cessazione del mandato parlamentare. Allo stesso modo, numerose leggi hanno disposto restrizioni per i parlamentari cessati dal mandato, dettando quindi limiti post mandato. Anche su aspetti minori vi è questa proiezione post mandato, come per l'indennità di reinserimento e per le facilitazioni di viaggio, che vanno egualmente oltre il limite del mandato, pur essendo stati i relativi diritti acquisiti durante il mandato stesso.
Infine, e in termini più generali, il trattamento riservato agli ex parlamentari è in contrasto con la funzione del parlamentare – rappresentante, come sopra definita, perché finisce per riservare una “reformatio in pejus” a persone che, per la funzione da svolgere, erano state scelte sulla base di una particolare “capacità”, come osservato da Vittorio Emanuele Orlando o, per risalire a Hamilton, sulla base del loro “wisdom”, “patriotism” e “love of justice” e che non meritano di essere colpite da una modificazione peggiorativa adottata “ex post”.
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Ringraziamo i Vice Presidenti per la loro presa di posizione che sono certo avrà conseguenze positive e ringraziamo ancora una volta il prof. Cassese per la sua lezione che ha messo punti fermi sulla questione.
Dunque ritengo che tutta l’attività svolta abbia dato un ruolo all’Associazione secondo le intenzioni e le indicazioni di Gerardo Bianco che ricordiamo sempre con affetto e soprattutto di Antonello Falomi. Abbiamo animato l’art. 2 del nostro Statuto e ci siamo attenuti scrupolosamente alla sua ratio.
Abbiamo ricordato tante figure rappresentative del mondo parlamentare e per ultimo Marisa Rodano e Gerardo Chiaromonte perché tutte sono di esempio per tutti noi e per i nuovi deputati e per i giovani che credono nel Parlamento e nella “rappresentanza” come valore inestimabile della democrazia.
Ci siamo occupati approfonditamente delle riforme che il Parlamento sta discutendo con spirito istituzionale non partitico, difendendo il Parlamento e non dando adito in nessuna manifestazione e in nessuna dichiarazione di essere contro il Governo o contro i partiti. Naturalmente questo significa che non possiamo essere a favore del Governo o di questo o quel movimento – partito perché questo snaturerebbe il nostro ruolo che è delicato e particolare. Ma con l’aiuto pregevole dei miei principali collaboratori e del direttivo tutto, io credo riusciamo nel compito che ci proponiamo di continuare a svolgere.
Abbiamo avuto ragione delle nostre riserve sulle proposte di “autonomia differenziata” perché la Corte Costituzionale ha chiarito le modalità con le quali si può affrontare questa complessa problematica e dobbiamo un ringraziamento particolare all’on. Massimo Villone per aver quotidianamente approfondito tutte le problematiche connesse e aver spiegato a tutti i veri pericoli di una modifica contro l’unità civile e istituzionale del nostro Paese.
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In conclusione vorrei fare alcune considerazioni generali sul problema della democrazia, perché credo che dovremo occuparci di questo in un periodo di “democrazia stanca”.
La globalizzazione rischia di non dare spazio alla meritocrazia, ma di far prevalere un giudizio negativo della società su chi resta indietro. Tutto ciò va a scapito della solidarietà all’interesse della comunità civile e finisce per far prevalere il personalismo e quindi l’individualismo. Invece le comunità fondate sul merito sono solidali, sussidiarie.
La convinzione è che con l’autocrazia, cioè con la spada, sia più facile vincere e governare. Ed è certamente ma apparentemente così, ma da vecchio amante di musica preferisco l’armonia dell’orchestra dove ognuno suona il suo strumento, ma tutto si accorda in un’armonia più difficile ma più gioiosa. La comunità civile ha bisogno di armonia, di solidarietà, di eguaglianza.
Il populismo ha occupato le istituzioni ma in parte si è sgonfiato, questa la mia nota di ottimismo per cui o siamo in grado, oggi, di capire il messaggio che ci viene dal paese o siamo destinati ad una lenta ma costante perdita di contatto con la realtà.
Continueremo a discutere e confrontarci e per il prossimo anno abbiamo un vasto programma per preparare per il mese di giugno le modifiche del nostro Statuto e presentare in Parlamento lo Statuto del deputato come ho accennato al convegno del 26 novembre.
Intanto nel mese di gennaio, e precisamente il 29, faremo un seminario dove discuteremo dei problemi più attuali che riguardano appunto la democrazia.
La quale è in difficoltà e attraversa una crisi strutturale della quale dobbiamo farci carico con il proposito, che non è una velleità, di poter portare un piccolo granello alla consapevolezza della situazione, nella quale ci troviamo.
Perché il problema è avere la consapevolezza della crisi che si attraversa perché le decadenze nella storia sono dovute spesso alla distrazione delle classi dirigenti che non si sono accorti delle varie derive che scardinavano il tessuto democratico, come quando non ci si accorge dell’ossigeno che viene meno a poco a poco in una persona. Il rapporto Censis presentato qualche giorno fa, nel quale si mette a nudo la scarsa cultura dei nostri cittadini, offre un quadro allarmante perché il 68,5 degli italiani ritiene che le democrazie liberali non funzionino più.
Mi piace citare Michael Sandel che nel suo ultimo libro “La democrazia stanca” dice: “Capita spesso che la filosofia politica appaia distante dal mondo reale. I principi sono una cosa, la politica un'altra e raramente, pur impegnandoci al massimo, riusciamo a essere all'altezza dei nostri ideali. La filosofia può appagare le nostre aspirazioni morali, ma la politica ha a che vedere con fatti ricalcitranti.
Tuttavia, se per un verso la filosofia politica è irrealizzabile, per un altro è inevitabile. In questo senso la filosofia vive da sempre nel mondo reale; le nostre pratiche e le nostre istituzioni sono incarnazioni della teoria. Difficilmente potremmo descrivere la nostra vita politica, e ancor meno impegnarci in essa,
senza ricorrere a un lessico abbondante di teoria: diritti e doveri, cittadinanza e libertà, democrazia e legge. Le istituzioni politiche sono soltanto strumenti per mettere in atto idee concepite in astratto, ma sono esse stesse l'incarnazione di idee. Per ognuno possiamo opporre resistenza a domande definitive quali il significato della giustizia e la natura della vita buona, non possiamo sfuggire al fatto che viviamo sulla nostra pelle alcune delle risposte a queste domande, che viviamo di continuo una qualunque teoria.”
Vi sono riserve sui sistemi democratici anche in molti stato occidentali nonostante lo scontro con le autocrazie o le democrature dell’oriente dovrebbe far apprezzare i pregi della democrazia e della libertà.
Il capitalismo liberale ha appagato tutti per tanti anni facendo trionfare il mercato senza regole come punto forte di convivenza civile. Ma è proprio il cittadino che è rimasto soccombente perché non più protagonista.
La democrazia sta pagando le spese perché viene meno il pluralismo caratteristica peculiare della democrazia.
“Le democrazie sono vasi comunicanti” ha scritto Angelo Panebianco e quindi la crisi di una influenza l’altra. L’Occidente non è solo una indicazione geografica ma è una storia ed è la storia di una lenta conquista attraverso rivoluzioni e rivolgimenti istituzionali della libertà e del rispetto di tutti, ed è l’occidente che risente della democrazia debole dell’America con la pressione delle dittature della Russia e dell’oriente che influenzano paesi dell’area europea come l’Ungheria in particolar modo.
Queste incertezze determinano, come è stato detto, “la polarizzazione delle democrazie e l’allontanamento dal centro” che privilegia la destra estrema come in Germania e in Francia dove la crisi del movimento di Macron rende ingestibile il Parlamento.
Questa mia analisi non può non essere condivisa da chiunque di noi di qualunque provenienza culturale e politica, perché storicamente e con qualunque riferimento ideologico la politica quando ha avuto riferimento culturale ha avuto e non può non avere contenuti di centro, di destra e di sinistra.
Il significato profondo dell’attenzione che abbiamo avuto per il sistema elettorale è legata a questa giusta intuizione.
La possibilità di presentarsi agli elettori con la propria identità per rappresentare adeguatamente il paese. La scarsa affluenza elettorale dipende dalla mancanza di identità che non riesce a far capire all’elettore quale progetto si abbia per l’Italia, quale ragione sociale, quale visione e quindi aumenta l’astensione, cresce il rancore e la non partecipazione.
Non possiamo non discutere di queste problematiche e dobbiamo non per nostalgia praticare la democrazia, evitare che il Parlamento venga ancora più avvilito. La deriva istituzionale non è inevitabile, la funzione della classe dirigente è quella di orientare, educare, consigliare. Se riusciremo nel prossimo anno a risolvere il problema dei vitalizi non avremo vinto una battaglia sindacale, ma una battaglia istituzionale per essere protagonisti come classe dirigente.