L'approvazione per via referendaria della riforma costituzionale che riduce di oltre un terzo il numero dei componenti di Camera e Senato, avrebbe l'effetto paradossale di allungare la vita degli attuali parlamentari, i quali, per rendere operativa la riforma, dovrebbero prima approvare ulteriori leggi e modifiche costituzionali, con tutto il tempo che ciò richiede... E' la tesi che Dario Rivolta, già parlamentare e membro della presidenza della nostra Associazione, illustra nell'analisi che pubblichiamo qui di seguito:
"Referendum costituzionale: il 'sì' allunga la vita all'attuale parlamento"
di Dario Rivolta
L'inganno del referendum, anche se votiamo SI loro a casa non se ne vanno
È molto probabile che i prossimi 21 e 22 Settembre si voterà contemporaneamente per alcune amministrazioni comunali, governi regionali, elezioni suppletive e per il referendum confermativo della modifica costituzionale che riduce il numero dei parlamentari.
A differenza dei referendum abrogativi che per essere validi nel loro risultato debbono raggiungere il quorum della maggioranza degli aventi diritto, il referendum di tipo approvativo si considera valido anche qualora vi partecipasse una minima parte dei cittadini.
Indipendentemente dal contenuto, sono la data di questo referendum e il suo abbinamento con le altre elezioni che suscitano diverse perplessità.
Sono molti i costituzionalisti che storcono il naso sul fatto che elezioni politiche o amministrative possano coincidere con una consultazione referendaria perché la Costituzione prevede, addirittura, che in caso di elezioni per il Parlamento (magari anticipate) un referendum, perfino se già indetto, venga posticipato di un anno o due. La ragione è che sia la campagna a favore o contro un quesito referendario non debba essere contaminata da una campagna elettorale evidentemente animata da tutt’altri obiettivi.
L’inghippo istituzionale
A ben guardare le cose, tuttavia, i problemi sono anche altri e purtroppo non sembra che se ne parli sufficientemente. Tutti gli osservatori sembrano convinti che la maggioranza dei votanti al referendum sia già orientata ad approvare la riduzione del numero dei parlamentari. Ebbene, qualora ciò avvenisse, le nuove elezioni politiche non potrebbero aver luogo prima che si realizzino altri passaggi. In particolare, per evitare intoppi o pasticci costituzionali, servirà una nuova legge elettorale che tenga conto del cambiamento del numero degli eletti. Sempre che la sostanza della nuova legge mantenga il metodo attuale che toglie agli elettori ogni possibilità di scegliersi i propri rappresentanti, servirà ridisegnare i collegi elettorali. Attualmente la discussione in merito non è neppure cominciata e nessuno può sensatamente ipotizzare quanto tempo sarà necessario per trovare un accordo. Ancora più complicate, sia nel merito sia nel tempo necessario, saranno le modifiche della Costituzione che si renderanno necessarie. Senza contare le modifiche ai rispettivi regolamenti interni di Camera e Senato che coinvolgeranno in totale almeno 47 articoli.
Le modifiche costituzionali indispensabili
Le modifiche costituzionali da approvarsi dopo il 21 Settembre e prima di nuove elezioni politiche riguardano il superamento della base regionale per l’elezione dei senatori a favore di una base circoscrizionale e la riduzione da tre a due dei delegati regionali che parteciperebbero di diritto alle elezioni del Presidente della Repubblica. Tra le condizioni chieste dalle sinistre per approvare la riduzione dei parlamentari c’era anche per il Senato l’abbassamento a 25 anni dell’elettorato passivo e a 18 per quello attivo. I 47 articoli dei Regolamenti di Camera e Senato da cambiare riguardano invece il funzionamento dei lavori interni.
Essi vanno dalla modifica al numero legale richiesto per certe attività, a quale numero di parlamentari debba essere necessario per ottenere che un voto sia segreto e, in genere, a tutte quelle attività che richiedono esplicitamente un numero specifico e definito di deputati e senatori.
Se queste ultime modifiche sono immaginabili come di relativamente veloce approvazione poiché interne alle singole camere, le modifiche costituzionali necessarie richiederanno, presumibilmente, tempi piuttosto lunghi. Anche qualora ci fosse un accordo all’interno dell’attuale maggioranza, non va dimenticato che le votazioni dovranno essere almeno due per ogni camera (Senato-Camera e poi ancora Senato-Camera o viceversa).
Qualora il risultato favorevole fosse inferiore alla soglia dei 2/3 degli aventi diritto è possibile che, come successo nel caso attuale, si debba superare lo scoglio di uno, o più, nuovi referendum popolari confermativi da approvarsi prima che le modifiche possano entrare in vigore.
E’ interessante ricordare che nei primi passaggi parlamentari sulla riduzione del numero dei rappresentanti del popolo, sia il Partito Democratico, sia Liberi e Uguali avevano votato contro il provvedimento, salvo sacrificare il proprio orientamento pur di entrare in maggioranza e sostenere il nuovo governo Conte 2.
Se ora decidessero di tornare alle loro prime convinzioni e invitassero i propri elettori a votare NO, ciò implicherebbe la rottura dell’attuale maggioranza e quindi la caduta del Governo.
La cosa sembra altamente improbabile.
Lunga vita agli attuali parlamentari
Il vero problema è che, una volta che il referendum fosse approvato, sarà impossibile avere nuove elezioni politiche fino a che sia i regolamenti sia la Costituzione non siano adeguatamente corretti.
- Che questo voto rappresenti una “assicurazione sulla vita” per l’attuale Parlamento? Il sospetto è forte e non si può escludere che proprio questo sia il calcolo di qualcuno. È vero che, dal punto di vista strettamente tecnico, tutte le procedure potrebbero risolversi in pochi mesi ma occorrerebbe una forte volontà politica che è difficile attribuire all’attuale maggioranza.
- Com’è possibile immaginare che chi si trova oggi in Parlamento si precipiti a redigere e approvare una nuova legge elettorale che implicherebbe la fine della legislatura e l’improbabilità di essere rieletto?
- E come si potrebbe ipotizzare che tutti si precipitino a votare a raffica la stessa legge di modifica costituzionale, due volte alla Camera e due al Senato, per ottenere poi il risultato di andarsene a casa?
Tutto può succedere, ma è molto probabile che chi voterà per ridurre il numero dei Parlamentari convinto di fare un ennesimo atto di “antipolitica” contro la “casta”, contribuirà invece a garantire agli attuali “rappresentanti” di poter godere un po’ più a lungo dei benefici che godono attualmente e che molti di loro non riusciranno mai più a ottenere quando ritorneranno alla vita “civile”.