Riforma elettorale, il nodo della scelta dei parlamentari

Riforma elettorale, il nodo della scelta dei parlamentari

Riforma elettorale, il nodo della scelta dei parlamentari

Una antica vulgata della prima repubblica diceva, e giustamente, che “la legge elettorale è la madre di tutte le riforme”. Ed era vero perchè gli equilibri politici e la stessa rappresentanza democratica dei vari partiti cambiano a seconda della legge elettorale in vigore in quel particolare momento storico. Certo, al contempo, non possiamo non registrare un elemento alquanto negativo per la qualità della democrazia e per la stessa efficacia del sistema politico nel suo complesso culminato in questi ultimi tempi. Ovvero, il cambiamento della legge elettorale a seconda di chi governa in quella particolare fase politica.
Ora, uno dei tasselli centrali di una legge elettorale - e soprattutto della futura legge elettorale - è come verrà composta la Camera e il Senato. E cioè, per dirla in termini ancora più chiari, attraverso la prassi delle “nomine” dall’alto oppure, e al contrario, con il metodo della selezione democratica dal basso? Perchè attorno a questo nodo si gioca la vera partita politica. E oserei dire anche democratica. E questo per una ragione molto semplice: buona parte dei capi partito continua a blaterare che i parlamentari devono essere eletti dal basso con la scelta diretta da parte dei cittadini e poi, puntualmente, nessuno osa mettere in discussione le fatidiche “liste bloccate”. Con la conseguenza, peraltro scontata, che l’unico criterio che conta è quello della fedeltà assoluta nei confronti del capo partito a scapito di qualsiasi altra valutazione. E cioè, il radicamento territoriale, la competenza specifica, il profilo politico e culturale e la stessa rappresentanza sociale sono tasselli del tutto ininfluenti ed irrilevanti ai fini della candidatura e, quindi della elezione. Perchè l’unico ed esclusivo criterio resta quello della ‘fedeltà’ cieca ed assoluta dei candidati nei confronti del capo di turno.
Ora, almeno così pare, ha ricominciato a fare breccia nel dibattito sulla riforma della legge elettorale il ritorno delle preferenze o dei collegi uninominali sul modello della elezione delle antiche Province, cioè dove la competizione era all’interno dei rispettivi partiti attraverso i collegi. E qui è scattato immediatamente l’allarme rosso tra gli attuali parlamentari perchè larga parte di questa nuova ed inedita rappresentanza non ha alcuna dimestichezza con il libero consenso democratico perchè, semplicemente, è abituata al criterio della nomina dall’alto da parte del capo partito. E, su questo versante, non si può che salutare positivamente questa possibile ventata democratica e liberale. C’è da precisare che un sistema elettorale che rimanda alla libera scelta degli elettori la futura composizione del Parlamento presuppone il superamento dei “partiti personali” per cui è necessario che i “capi” sentano fortemente la responsabilità di offrire al Parlamento una rappresentanza che dipende esclusivamente e liberamente dai cittadini. Comunque sia, se dovesse esserci il ritorno delle preferenze e di una libera e trasparente competizione tra i candidati nei vari collegi uninominali, otterremmo il rafforzamento della democrazia rappresentativa.

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