Mauro Zampini, già segretario generale della Camera dei Deputati, tiene su RadicaRadiole una rubrica intitolata "Istituzioni e politica". Pubblichiamo la trascrizione della puntata di sabato 6 giugno 2020, in cui Zampini svolge una riflessione (amara) sullo stato delle nostri istituzioni repubblicane in cui spadroneggiano gli improbabili neo-costituenti pentastellati (nella foto l'on. Fraccaro), assecondati da smemorati piddini, e che si stanno accanendo senza freni contro il parlamento e i suoi istituti, dalla gogna dei tagli dei vitalizi che umilia gli eletti del passato fino alla drastica diminuzione per il futuro di un terzo del numero dei parlamentari di Camera e Senato, con conseguente drastica riduzione della rappresentanza e della possibilità di scelta degli elettori, su cui gli italiani saranno chiamati a pronunciarsi prossimamente per referendum:
REFERENDUM: NO AL TAGLIO DEI PARLAMENTARI!
Ecco la riflessione di Mauro Zampini:
"Ci stiamo avviando alla vita di prima.
Qualcosa si perderà di questi tre mesi: quella unità spontanea e naturale che una comunità trova nei momenti del pericolo.
La politica è già in agguato per fare la sua parte e per spazzare via questo clima di unità.
Il due giugno, la festa dell'Unità nazionale, è andata in scena la prima prova generale: la gente è andata in piazza come prima, attorno ai suoi leader. Un attimo ancora e saremo in piena campagna elettorale per le prossime elezioni amministrative, regionali e comunali.
Ma anche per confermare o respingere la legge costituzionale che taglia d'un colpo 353 deputati e senatori.
Premessa necessaria: il numero dei parlamentari non è un dogma intoccabile, ma non può essere nemmeno numero tirato a sorte. E’ il frutto di una serie di fattori e di valutazioni che vanno dai contenuti e dall'importanza che ha la funzione parlamentare in un sistema, soprattutto in un sistema parlamentare come il nostro; alle modalità con le quali è stata svolta in passato e cosa significa oggi; come si è venuta modificando nel tempo; fino all'attualità stessa di quella funzione e alla qualità e all’autonomia dei suoi interpreti; alle modalità di selezione con le diverse leggi elettorali; addirittura alla morfologia di un territorio. La rappresentanza di un territorio compatto ha esigenze diverse che in un territorio lungo e stretto come l'Italia.
Motivare quel taglio con l'eliminazione di trecentocinquanta fannulloni - questa è l'unica reale motivazione recata dal ministro Fraccaro - senza specificare cosa distingua questi trecento fannulloni dagli oltre seicento che rimangono, significa tenere in vita e giustificare l'esistenza di un ente inutile. Il movimento promotore ha una concezione della funzione parlamentare assai limitata rispetto a quella prevista dalla nostra Costituzione.
Oggi in assenza di vere motivazioni, in assenza di analisi, in assenza di modifiche costituzionali, la scelta tra i vecchi padri costituenti, con Mortati e compagnia, e i neo-costituenti, con il ministro Di Maio e la sua compagnia, è priva di senso. Ingannevole è anche il confronto con altri Parlamenti, specie di sistemi presidenziali o semipresidenziali, come lo è anche l'asserita maggiore efficienza che deriverebbe dalla riduzione del numero dei parlamentari.
Una cosa è certa: questa legge riduce la rappresentatività del Parlamento e dei parlamentari. Ma a questo ha già provveduto la politica togliendo agli elettori la scelta di deputati e senatori e nominandoli direttamente.
Se la campagna per le elezioni amministrative in sette regioni e in molti Comuni sarà virulenta e senza esclusione di colpi, come accade sempre in questi anni perfino quando non si vota, la campagna referendaria rischia di essere un minuetto quasi silente tra gentiluomini d'altri tempi e dall'esito già scontato. Un tema di cui nessuno ha voglia di parlare. Se questo non succederà, se del referendum saranno costretti ad occuparsi tutti i partiti e quindi a dare alla consultazione la veemenza di ogni confronto dei partiti nel nostro Paese in quest'epoca, il merito sarà dei coraggiosi comitati referendari soprattutto di quelli per il no.
Soprattutto, ancora una volta, dell'impegno degli aerei di Marco Pannella, sempre vigili a difesa dei pochi istituti di democrazia diretta della Costituzione. Impegno che costringerà il Movimento 5 Stelle a conquistare davanti al Paese un successo che voleva già acquisito senza combattere. Bastava organizzare i festeggiamenti.
Ma costringerà soprattutto il Partito Democratico a fare pubblicamente una scelta, tra il prevalere del vincolo di maggioranza che peraltro non viene richiesto al partner, e la difesa della Costituzione repubblicana da uno sfregio privo di contenuti non propagandistici. Ricordiamo come il Partito Democratico avesse votato contro l'amputazione del Parlamento nelle prime letture, da oppositore del governo giallo-verde, cambiando repentinamente idea e voto - o almeno il voto - nelle letture finali.
Oggi, qualsiasi sia la scelta, il partito democratico la dovrà fare ad alta voce pubblicamente senza occultarla dietro gli schiamazzi che si leveranno nelle campagne comunali e regionali. Comunque sia sarà un'occasione di chiarezza per gli elettori che vedono nel PD, erede delle due correnti politiche protagoniste dei primi quarant’anni di Repubblica, la postazione maggiore a difesa della Costituzione.
Ma ne vedono anche le debolezze e gli opportunismi che già avevano portato ad abdicare alla difesa della propria storia e dei propri rappresentanti nella sanguinosa mattanza del taglio dei vitalizi. Sarà un momento della verità per lo stesso Partito Democratico che dovrà sciogliere i propri dubbi: dare o meno un corso diverso alla sua piccola politica di questi tempi; porsi l'esigenza di ritrovare un’unità dei partiti, almeno di quelli di maggioranza, attorno alla Costituzione, attorno ad un Parlamento davvero legislatore nel rispetto pieno del principio di separazione dei poteri.
La Costituzione prima del Governo. Scegliere di dare carattere organico all'attuale alleanza significa rinunziare a porsi come residuo baluardo a difesa delle nostre istituzioni. Per comprendere la portata non simbolica del taglio di vitalizi, l'ultimo caso è quello di un vecchio parlamentare socialista trentino di novantadue anni, con un vitalizio diminuito dell'ottanta per cento, ridotto a 800 euro mensili. Difficile anche rifarsi un lavoro a novantadue anni… L'operazione sui vitalizi non è stata - come voleva significare l'orgiastica esultanza dei vincitori sui terrazzi delle Camere eletti a simbolo di parte – l’eliminazione dei privilegi di qualche generazione di parassiti, ma il simbolo feroce dell'ingresso in una Terza Repubblica nemica del Parlamento, estranea alla Costituzione attraverso la gogna di generazione di eletti degli italiani.
Eletti per davvero, come non capita quasi più da circa tre lustri.
Questa è la posta in gioco: se il compromesso all'interno della maggioranza, elemento proprio della politica, possa superare i temi e i programmi della politica stessa ed estendersi fino a toccare i principi e le basi della Costituzione, non attraverso le procedure di revisione della Costituzione, ma con la forza della ritorsione attraverso la minaccia di far cadere il governo."