L'era politica - di Paolo Caccia

L'era politica - di Paolo Caccia

L’era politica – di Paolo Caccia

L’era politica ideologica è finita, la crisi è iniziata circa trent’anni fa, durante l’involuzione dei poteri a metà degli anni 90. Si è fatto strada una nuova stagione politica pragmatica utilitaristica, personalistica, basata su un liberismo egoistico. Questa mutazione ci obbliga tutti a ragionare in modo diverso, soprattutto per coloro che hanno vissuto nelle istituzioni democratiche parlamentari (parlamento, regioni, provincie e comuni) o intensamente nei gruppi di solidarietà.
La politica oggi è reazione immediata a qualsiasi stimolo, senza pensare agli effetti prolungati che possono produrre
nella vita istituzionale e civile della società. Tutto è un divenire leggero, solubile che muta atteggiamenti nel giro di pochi giorni.
Il popolo o meglio la gente pensa al bisogno immediato, perché percepisce che non c’è punto di riferimento per appellarsi. Quindi bisogna arrangiarsi, fare presto e subito, perché tutto è precario quasi che non ci sia più speranza in un futuro accettabile
Non c’è più il desiderio del confronto ma dello scontro, il valore della diplomazia nei rapporti personali e istituzionali è concepito
come debolezza. Bisogna cercare di bloccare l’idea del mordi e fuggi o peggio l’idea del taglione piuttosto che del rispetto dell’essere umano
Dobbiamo porci il problema di cercare, anche se con poca visibilità, di essere fautori di una stagione della certezza del diritto, della credibilità delle istituzioni, con iniziative formative di testimonianza nell’agire a livello di base con atti attraenti, diversi e tecnologici, a livello culturale, popolare e solidale. Scegliere luoghi ove far rivivere l’idea dell’aggregazione anziché dell’isolamento dello smartphone onnicomprensivo; cioè far rinascere l’opinione che è meglio il rapporto vivo tra popolo e istituzioni all’illusione di un mondo virtuale che non esiste. La politica lasciata dai cittadini, per le necessità della vita quotidiana, viene percepita e scelta solo quando segnali forti ed emotivi sembrano dare una risposta alle difficoltà e paure del vivere. I talk-show si stanno auto-esaurendo perché il pubblico televisivo ne ha capito la fatualità passeggera. Le sedi politiche sono svanite. Si seguono gli interessi immediati legati ai bisogni della famiglia o del gruppo, non si pensa più in termine di bene comune o di solidarietà, compensata sola dall’obolo di 2 o 5 euro ad ogni invito televisivo, quasi a colmare il senso di colpa inconscio, che è in ciascuno di noi. Bisogna essere testimoni di un futuro più ragionevole e razionale.
Come? Difficile da individuare per la fluttualità della società e la volatilità dei pensieri, però questo è il compito prossimo e futuro delle persone o gruppi più sensibili ad un bene che non sia solo personale ma anche della comunità. Dopo l’euforia dell’ essere onnipotenti e onniscienti, deve tornare il pensiero possibile della relatività dell’essere umano.

Paolo Caccia

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