Di seguito pubblichiamo l'intervento del Presidente Giuseppe Gargani in occasione del convegno "Un'idea per il nuovo ordine mondiale", che si è svolto il 14 ottobre 2025 presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati.
L’associazione degli Ex Parlamentari annovera tra i componenti persone che hanno qualche anno di più, tanto da definirsi anziani, per questa ragione e per aver fatto esperienze in un periodo diverso della storia, è molto preoccupata per le sorti del mondo; ma soprattutto condivide anche motivatamente i l disagio dei giovani che cercano il futuro.
L’equilibrio che le grandi potenze si erano date dopo la seconda guerra mondiale è saltato: si trattava di guerra fredda, come è stata definita, ma ha garantito la pace almeno nell’occidente.
Ora siamo di fronte ad una disgregazione dell’ordine mondiale che, dico subito, non è irreversibile perché chi fa riferimento ad una cultura italiana, e al messaggio di Gian Battista Vico ma anche di Don Benedetto Croce sui corsi e ricorsi della storia, non può non sperare in un nuovo corso per cui la domanda che poniamo a chi si dedica allo studio del diritto internazionale, a politologi, a esperti e ai partiti della maggioranza e dell’opposizione è: quale nuovo assetto mondiale è possibile visto che non siamo mai alla fine della storia, e: ci potrà essere un nuovo “ordine”?.
Se ci interroghiamo sulla evoluzione che negli ultimi secoli l’umanità ha avuto riscontriamo l’affermarsi, soprattutto dalla fine dell’ottocento al novecento, di un rapporto tra gli Stati regolato dal diritto internazionale che è diventato un diritto vero e proprio nei decenni del ‘900. Questo diritto si insegnava ai miei tempi in maniera rigorosa nell’università e anche li abbiamo imparato il rispetto tra gli Stati, partendo dal rispetto umanitario, al rispetto dei confini e sappiamo che la diplomazia nel secolo scorso ha lavorato per far maturare compromessi che consentissero il primato di quelle norme. L’Europa moderna ha inventato strumenti pacifici per gestire i conflitti tra Stati: la diplomazia e il diritto internazionale.
Questa certezza del diritto è rinnegata e superata ora dalla prepotenza degli Stati forti che ora sostituisce il lento lavoro di raccordo lento e intelligente della diplomazia.
Stiamo dunque andando indietro e dobbiamo pur sempre accettare il metodo prepotente del Presidente degli Stati Uniti che ottiene per il momento il cessate il fuoco tra Israele e Hamas e la restituzione degli ostaggi come prospettiva di pace, anche se Trump sta portando gli USA fuori dall’ordine mondiale costruito nel dopoguerra.
È stato detto con espressione molto efficace che “di fronte alle tragedie del mondo le verità che davamo per acquisito non valgono più nulla, la diplomazia balbetta, la politica è assente, e quel diritto che avrebbe dovuto opporsi alla violenza appare ormai come un artificio retorico. È come se l’idea stessa di un ordine fondato sulla legge, sulla cooperazione e sulla dignità umana si fosse sfaldata lasciando spazio ad una realtà governata solo da chi sa essere più brutale dell’altro”
Se questi sono i presupposti come si può individuare un nuovo ordine mondiale?
Dopo Yalta l’ONU e la NATO hanno avuto per un periodo anche lungo un ruolo di riferimento, ma dopo l’invasione da parte della Russia dell’Ucraina, l’ONU è rimasta priva di iniziative e di indicazioni e quindi è sparito il punto forte del dopoguerra che sostituiva La Società delle Nazioni per una armonia mondiale operativa e il mondo è rimasto in balia dei più forti. Intanto per una reazione comprensibile in tutte le grandi questioni del mondo, crescono altre alleanze – la cooperazione di Shangai - SCO euroasiatica che la Cina ha recentemente rilanciato in contrapposizione all’Occidente.
Dunque il vecchio ordine è finito ma il nuovo non si intravede osservando lo scontro tra le democrazie sofferenti dell’Occidente e le autocrazie dell’Oriente che già nel secolo scorso faceva scrivere a Oswald Spengler che l’Occidente cominciava a tramontare per una confusione soprattutto morale, ma anche per stanchezza e indifferenza.
Ho sempre sostenuto che le democrazie si esauriscano o per azioni cruenti o per inerzia, per indifferenza, si corrode il suo contenuto all’interno e non ci si accorge come quando l’ossigeno viene a mancare a poco a poco.
Tocqueville ha scritto pagine importanti su questo tema.
C’è stata anche in altre epoche storiche, ma oggi la indifferenza e appunto la stanchezza alimentano le autocrazie. Il filosofo Han, fa riferimento nelle sue riflessioni alla “società della stanchezza”.
C’è una crisi della legalità, una crisi delle regole, una crisi di valori, un rifiuto o una incapacità di vivere insieme che può determinare il caos.
L’aggressione oltre i suoi confini della Russia e il progrom di Hamas nella notte del 7 ottobre con tutto quello che è seguito, ha sconvolto il mondo e il suo instabile equilibrio. La consapevolezza che la democrazia non è più valida per una risposta adeguata. Però, proprio in omaggio alla teoria dei corsi e ricorsi non possiamo non valutare il risveglio di tanti giovani in Italia e in altri paesi, che ha dimostrato, come è stato detto, che “una certa umanità ha preso le distanze dall’altra rivendicando una propria idea della storia che stava deviando dal suo naturale progresso inevitabile in un periodo di grande attenzione per la libertà”.
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Vi è stata in questi lunghissimi anni la certezza che la globalizzazione determinasse la pace: essa ha potuto determinare lo sviluppo in tante zone del mondo ma ha accentuato la differenza tra ricchi e poveri e quindi ha frammentato la società producendo violenza.
Sono tempi difficili: i nostri valori democratici sono messi in discussione, la società si sta frammentando, le libertà minacciate, eppure abbiamo bisogno di punti fermi.
C’è una crisi della legalità, una crisi delle regole, una crisi della comunità civile, del vivere insieme che naturalmente ci deve lasciare perplessi. Questa la diagnosi facile. Allora che fare?
È stato detto che, per queste ragioni e mille altre, oggi siamo fuori dal processo democratico. È la nostra preoccupazione, ma ancor più dei giovani, perché ci spingono tutti fuori dal processo democratico. Non c’è dubbio che il Presidente degli Stati Uniti per come è stato eletto e per il suo comportamento porta fuori il mondo dal sistema democratico, perché i pesi e i contrappesi che l’America ha inventato, e che la Costituzione italiana ha rilanciato, sono in soffitta, non esistono.
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Una mia valutazione personale è che la politica porta alla verità non alla menzogna, certamente la buona politica, per cui di fronte all’attacco a cui assistiamo all’Ordine Internazionale e al rifiuto del diritto internazionale tocca all’Europa salvare la democrazia e il rapporto di equilibrio tra i vari continenti.
L’Europa è il punto debole nello scontro mondiale ma se assume un ruolo e non si rassegna a giocare di rimessa forse possiamo dare ai più giovani una speranza di futuro.
Il superamento del nazionalismo è la condizione per un protagonismo collegiale perché i nazionalismi non portano inevitabilmente al fascismo ma svuotano all’interno i contenuti democratici facendo perdere l’anima, e in questo caso l’anima europeista e internazionale.
L’Europa ha garantito un lungo periodo di pace, ha abolito le frontiere e la sua prospettiva era e resta la sua unità politica e istituzionale oltre che economica, ma la prevalenza di una comunità solo intergovernativa impedisce la maturazione di quella sovranazionalità necessaria per rilanciare una politica e una strategia politica.
L’Europa, pur non avendo una struttura unitaria sovranazionale, assume un ruolo determinante nello scenario mondiale proprio perché è invisa alle autocrazie che la vorrebbero sempre più debole e sempre meno rappresentativa.
E’ urgente approvare una Costituzione Europea. La Costituzione approvata nel 2000 da tanti Paesi avrebbe promosso l’unificazione degli Stati d’Europa, se non fosse stata bocciata dalla Francia e dall’Olanda.
I vari trattati approvati dopo quelli di Maastricht e di Lisbona non garantiscono un federalismo virtuoso e quindi è necessaria una iniziativa che possa cambiare il rapporto tra gli Stati Europei e contribuire a preparare da protagonisti un nuovo ordine mondiale.
L’associazione degli ex parlamentari ritiene che per vincere le spinte aggressive di Putin che vuole un’Europa debole e divisa, e per dare risposte adeguate all’isolazionismo della Presidenza degli Stati Uniti sia necessario, e con urgenza, approvare una Costituzione Europea che dia rappresentanza vera al popolo europeo.
È necessario che le risposte al terremoto mondiale siano politiche, strategiche e soprattutto unitarie, e non dei vari paesi in ordine sparso, perché il desiderio di Putin da sempre e ora anche di Trump è di dividere l’Europa. Il problema dell’Europa è più profondo perché ha dimostrato di non saper far valere il proprio peso e anche per la vicenda di Gaza avendo accontentato Trump nella sua richiesta sui dazi poteva esercitare ben altro protagonismo.
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Una Costituzione che modifichi gli spiriti, le culture tradizionali e le istituzioni in una legge superiore è la risposta più importante che l’Europa può dare per una verifica all’interno della stessa area comunitaria per i vari paesi e per una sfida politica alla Gran Bretagna che credo possa ora essere interessata.
Il compito di una Costituzione è quello di creare una solidarietà istituzionale nel contesto mondiale, che qualifichi in unità i vari paesi non per limitare la sovranità ma per verificare e esaltare la sovranazionalità, e al tempo stesso è quello di insegnare al mondo non la divisione e la contrapposizione ma l’unità per un ideale da raggiungere: la pace.
Se dunque l’Europa può determinare un punto di equilibrio nel mondo è necessario offrire uno strumento anche legislativo per determinare una unità politica e istituzionale che è la Costituzione, una Costituzione europea. So bene che è una proposta valida, ma ingenua e velleitaria al tempo stesso. Avendo anche personalmente contribuito alla Costituzione che scrivemmo in Europa qualche anno fa, penso che se oggi avessimo una super legge che accomuna e potenzia le regole dello stare insieme avremmo altro potere e influenza.
E dunque può essere questo il primo tassello per una risposta complessa ma valida ad interrogativi sterili e di basso livello che il mondo ci propina? Questa la domanda.
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Quella che ci consegna la storia di questi giorni è una domanda più generale e più complicata: come proteggere e difendere la libertà, perché pensavamo finora che non ci fosse bisogno delle armi. E questo è il vero problema del mondo moderno che si deve porre chi vuole contribuire a preparare un nuovo assesso e un nuovo ordine tra gli Stati.
Oggi prevalgono schemi legati al populismo e soprattutto si è di fronte ad un mondo nuovo molto più duro che chiede di essere compreso per poter fare i conti e interpretarlo fino in fondo.
Questi gli interrogativi e l’Associazione chiede un confronto su queste domande perché sente forte la necessità che le forze che vogliono costruire e non ulteriormente distruggere devono sentire il bisogno della democrazia e di un nuovo ordine internazionale, per decidere quali valori affermare nel nuovo scenario planetario.
Giuseppe Gargani